
Nella chiesa ha trovato una nuova dignitosa collocazione l’immagine della Madonna della Ripa, una caratteristica effige di Maria che offre il Bambino a chi guarda, finora custodita nella cappella interna del monastero. La sua storia, affascinante quanto sconosciuta e rocambolesca, è una preziosa chiave di lettura che può aiutarci a scoprire qualcosa della plurisecolare, vivacissima e feconda vita francescana e clariana a Forlì.
L’immagine, chiamata Madonna della Ripa perché, nei primi decenni del 1400 era dipinta sul muro del Molino della Ripa, era venerata dal popolo perché rimasta miracolosamente illesa in una straordinaria inondazione del fiume Schietta. I forlivesi, nel 1495, vollero metterla al riparo dall’erosione del tempo affidandola alle cure e alla venerazione delle Clarisse del grande monastero della Ripa. Qui rimase per oltre tre secoli.
Sopraggiunta nel 1798 la soppressione napoleonica, che trasformò il monastero della Ripa in caserma, le Sorelle della Ripa non volevano separarsi dalla loro Mediatrice. Non sempre fu possibile portare con sé la venerata immagine. Finalmente nel 1892 le Clarisse riebbero un monastero nei locali dell’ex convento dei frati Minori osservanti presso la chiesa di S.Biagio: e qui le raggiunse la Madonna della Ripa.
Nella nuova chiesa, dedicata alla Vergine delle Grazie, l’immagine è collocata sul presbiterio, in posizione laterale, all’interno di una celletta che ricorda quelle che un tempo sorgevano ai bordi delle nostre strade. Diceva Papa Giovanni Paolo “la Chiesa cammina nel tempo incontro al Signore che viene; ma in questo cammino procede ricalcando l’itinerario compiuto dalla Vergine Maria la quale avanzò nella peregrinazione della fede e serbò fedelmente la sua unione col Figlio fino alla Croce” (Redemptoris Mater, 2). Le Sorelle hanno desiderato che sia proprio Lei a vegliare su questo nuovo spazio di vita e di incontro con la città.
L’immagine
La Madonna della Ripa ci appare oggi come quadro su tela (cm 105×74). Gli studiosi si sono interessati a questa venerata immagine solo per motivi di culto, non approfondendone una vera e propria analisi stilistica. Romeo Bagattoni in un articolo pubblicato nel 1916 afferma che essa è stata “attribuita al nostro Guglielmo degli Organi o ai nostri Carrari…”. Ma Baldassarre Carrai il vecchio fu attivo a Forlì dal 1489 al 1516. Osservando invece l’immagine che oggi abbiamo, il dipinto sembra con buona probabilità da retrodatare, facendo risalire l’opera alla fine del XIV secolo.
Nel 1495, grazie alla tecnica del massello, l’affresco era stato prelevato attraverso il taglio di uno spessore di 20 cm. di muro.
Negli anni del secondo dopoguerra, in data non precisata, per praticità di collocazione, le Clarisse fecero trasferire il dipinto su tela dal bolognese Dante De Carolis.
La Madonna improntata ad una corposità materna e solenne rimanda uno sguardo accogliente e profondo. Indossa un copricapo regale che anziché a forma circolare si presenta mitrato.
La Madre sorregge il Figlio con la sinistra e lo offre a chi guarda con la mano destra. Arcaico è pure il gesto benedicente del Bambino, che sembra guardare un orizzonte più ampio.
Il lacerto deve aver subito numerose ridipinture, come si verifica spesso per le immagini sacre particolarmente care alla devozione popolare. La cornice dipinta, che non sappiamo se sia stata concepita per l’affresco originario, è un particolare tipico degli affreschi votivi.
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